Fenomenologia della reazione

Antonio Cammarana (Acate, 17 dicembre 1947) è un filosofo italiano e uno storico della filosofia. Laureato in Pedagogia ad indirizzo filosofico all’Istituto Universitario di Magistero di Catania nel 1971, ha insegnato Materie Letterarie a Torino e provincia.

Al centro della riflessione filosofica di Antonio Cammarana la descrizione – nei diversi momenti storici – delle forme attraverso le quali la “Fenomenologia della reazione” perviene alla realtà della “Reazione dialettica”. Concezione filosofica, che contrasta – per la prima volta nella storia del pensiero filosofico politico – il concetto dell’azione come sinonimo di trasformazione della realtà, mettendo in evidenza come “non l’azione, ma la reazione, nel campo spirituale e da questo a tutti gli altri campi, sia la molla propulsiva del progresso e della vita universale e come una dialettica della reazione sia lo svolgimento dell’azione che segue la reazione come atto spirituale” [1]

Secondo Cammarana “tutta la filosofia anteriore all’idealismo studia il mondo, ma non reagisce al mondo, nel senso della sua trasformazione. Il mondo esiste come dato e come valore, non come concreto pensiero e reazione del pensiero”.

L’empirismo si configura come scienza dell’empiria e il razionalismo come scienza della tautologia. Il superamento della visione empiristica e razionalistica della vita e del mondo trova in Immanuel Kant il suo primo pontefice. Ma anche con Kant il soggetto non cambia il mondo, ma lo ordina soltanto. Il soggetto è il legislatore della natura, non il creatore del suo destino. Il soggetto creatore del mondo (il suo mondo), entra, nella filosofia, con la problematica fichteiana e, passando attraverso Georg Wilhelm Friedrich Hegel, arriva, dopo avere subito la scossa della meteora marxiana, all’“homo faber fortunae suae o faber sui ipsius di Giovanni Gentile. Prima di Kant, infatti, esiste l’uomo ed esiste il mondo; non esiste l’uomo come costruttore del mondo, ma esiste il mondo come condizionatore del pensiero dell’uomo. L’uomo studia il mondo, ricerca le leggi che lo governano e contempla come spettatore la realtà del mondo”.[2] Nel mondo antico “l’elevazione dello spirito sulla materia impregna le parole, le opere e l’azione della grande triade socratico – platonica – plotinica”.[3] “È l’epoca dello spiritualismo antico e pagano o della reazione dialogante”[4], che, con “Socrate, realizza l’ideale dell’uomo che, mediante il dialogo, reagisce alla realtà di fatto del suo tempo”[5]; con “Platone raggiunge la realtà del filosofo, che governa con la sapienza lo Stato perfetto”[6]; con “Plotino perviene al concetto del saggio, che mutua da se stesso la verità, che fa vedere agli altri, ma che già tende ad isolarsi dal mondo esterno”.[7] “Il mondo rimane sordo alle parole del saggio, si fa giustiziere (processo e condanna a morte di Socrate) e persecutore (persecuzione di Platone) del saggio”.[8] “Il dialogo dell’uomo con il mondo rimane il dramma dell’età antica e la reazione dialogante vive appieno questo dramma, configurandosi essa stessa come dramma”.[9] Nel mondo medioevale “il ritorno dello spirito all’interiorità impregna di sé la cristianità nascente e si configura come auscultazione interiore e itinerario del pensiero a Dio” . [10]

“È l’epoca dello spiritualismo medioevale e cristiano o della reazione interiore, che si traduce nella ricerca della verità, che è interiore all’uomo (e trascendente)”.[11]

Sant’Agostino (ad un tempo il Socrate e il Platone cristiano) illumina il Medioevo, assieme al pensiero di Bonaventura e di Dante”.[12]

Sant’Agostino dice nel “De vera religione”: “Noli foras ire. In te ipsum redi. In interiore homine habitat veritas”.

Non uscire fuori di te. Ritorna in te stesso. La verità abita nell’interno dell’uomo e, se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso”.[13]

Bonaventura teorizza un “Itinerarium mentis”, “che deve condurre alla contemplazione dei valori eterni e a Dio e, mediante la loro luce, all’elevazione del genere umano”.[14]

Dante, nella Divina Commedia, “realizza un’altissima lezione educativa che innalza lo spirito umano dalle catene avvilenti, inchiodanti al contingente e al terreno, per condurlo alla dignità del pensiero”[15] e dell’eterna verità.

Nel mondo moderno, “la concezione del mondo come assunzione della realtà del mondo nel pensiero impregna tutto il pensiero moderno e, dopo Kant, si configura come Spiritualismo moderno o idealistico o Reazione logica”.[16]

Kant pone il soggetto “in un rapporto critico con la realtà”[17], per cui non è più “contemplatore del mondo e ricercatore soltanto delle leggi che regolano il mondo, ma ordinatore e legislatore del mondo”.[18]

Fichte “riconosce all’io la capacità di penetrazione critica nel mondo, soggetto ad essere continuamente cambiato dall’azione dell’uomo. Ma Fichte non va oltre questo concetto di attività infinita, sicché il problema si ripropone di nuovo nella scena del mondo”.[19]

Hegel e Marx “si trovano, di fronte alla realtà, in un atteggiamento che è di rivoluzione e di conservazione a un tempo. Il momento rivoluzionario precede logicamente, per Hegel, il momento conservatore, in Marx lo segue. Hegel vuole realizzare l’esistenza come tale al livello dell’esistenza razionale e, raggiuntala, consolidarla; nello sforzo di realizzazione di questa esistenza si sprigiona la forza del concetto e del movimento dialettico compiuto dall’Idea per farsi Spirito. Ma in Hegel è il divino che trova la sua catarsi nell’umano, scendendo nella realtà e razionalizzandola, sicché il reale concreto s’innalza e vuole mantenere lo stato di perfezione raggiunto”.[20]

Secondo Marx, “la conservazione precede la rivoluzione, nella considerazione della realtà, come conservazione che ha da essere abbattuta da una rivoluzione, quando il proletariato avrà acquistato coscienza di sé e della sua condizione sociale. La rivoluzione diviene così l’atto necessario ad una classe per abbattere un’altra classe”.[21]

“Dialettica liberativa vuole essere la dialettica marxiana delle ansie che offuscano l’uomo nel suo naturale cammino, delle fatiche cui l’uomo è sottoposto nella società e nello Stato, delle restrizioni e privazioni cui egli quotidianamente soggiace; ma pure dialettica attiva dell’uomo reale, concreto, che muove la storia perché sprigiona la forza che nessuna energia opposta può contrastare e fermare nel ritmo del suo avanzamento”.[22]

Quella di Marx è, dunque, “dialettica essenzialmente oppositiva, fondamentalmente soppressiva, ma soprattutto tormentosa nel suo lento e graduale fenomenizzarsi di quel rovesciamento reale e totale che la sua avanzata nella storia è destinata a determinare. Essa realizzerà le speranze messianiche di quanti hanno trovato nel lavoro soltanto la loro alienazione, la propria miseria, l’essenza della schiavitù e della povertà, la negazione della libertà e la privazione della ricchezza”.[23]

Sia Hegel che Marx parlano di “concezione dialettica della storia, ma una filosofia che usi un termine così alto per indicare il movimento, non può finire mai di essere sviluppo per cedere il posto al risultato e risultato la dialettica diviene tanto in Hegel quanto in Marx e tanto più evidente nella concezione materialistica di Marx che nella concezione idealistica di Hegel. La dialettica di Marx diviene, alla fine, comunismo, ossia fine del movimento e stasi assoluta e se vuole, di nuovo, assolvere al suo originario compito di sviluppo e progresso deve necessariamente chiamarsi Ungheria e, quindi, dominio che la classe di un popolo, combattendo contro la classe di un altro popolo e abbattendola, in nome dei diritti del proletariato, esercita nei riguardi di un altro popolo. Così la dialettica marxiana sfocia:

  1. Nel risultato, per divenire dialettica del risultato, morte del pensiero e della filosofia;
  2. nel dominio di un popolo su di un altro popolo, ossia dialettica del dominio, morte dei popoli e della nazione.

Ma ecco con il XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica il passaggio o meglio il ritorno alla dialettica.[24]

Afferma, infatti, Antimo Negri: “Dal marxismo-stalinismo al marxismo-leninismo. Dallo Stato-guida alle vie nazionali del socialismo. È l’uomo fornito di senso, l’uomo storico che si ritorna ad interrogare, sono le condizioni reali dei popoli, che si studiano per adeguarvi il concetto e farlo concreto. La sintesi staliniana, che si credeva assoluta, si restituisce al suo valore storico: Stalin può essere padre dei popoli, ma non del popolo polacco o del popolo ungherese”.[25]

Ma il lupo perde il pelo, non il vizio; “il marxismo-leninismo, con le sue vie nazionali al socialismo, diviene Cecoslovacchia, Praga e Dubcek e la dialettica diviene sistema, anzi il sistema, perché l’unico sistema che nessuno può criticare per modificare parzialmente o cambiare totalmente; e nel concetto del sistema come unico è la sistemazione definitiva che arresta la dialettica. Ma il soggetto non è immutabile e la dialettica non è risultato, ma movimento”.[26]

Secondo Antonio Cammarana “quanto in Hegel diviene risultato e in Marx sistema, trova in Giovanni Gentile il suo concreto dinamismo attraverso una dialettica non altra dal pensiero che diviene, ma essa stessa pensiero diveniente, che mai cessa di essere dialettica per divenire risultato”.[27]


Il problema è, allora, quello dell’antitesi, ossia il problema che si configura in guisa da assumere il volto della contrapposizione. E la reazione, in questo modo, non può più essere reazione logica, come nella “Filosofia della reazione” di Armando Plebe. Il quale se da un lato “dà realtà concreta e dignità al concetto di reazione”[28] (la reazione è il ritorno della filosofia, che invita gli uomini alla conoscenza del proprio destino), dall’altro considera ancora la reazione soltanto “come assunzione nel pensiero della realtà che sta di fronte a noi”[29]. Ma la reazione è “dialettica, movimento, esplicazione”[30]; “atto spirituale di scelta e di coraggio”[31]; “impegno dell’uomo nel mondo e continua reazione dialettica al mondo com’è di fatto”[32]; “scontro interiore (nel pensiero) e scontro frontale (nella realtà), che si perpetua in ogni presente della vita”.[33]

La reazione dialettica negativa “tende ad annullare quei principi, quelle leggi, quelle costruzioni che solo in modo effimero governano una epoca storica”[34]; “rappresenta il superamento del divenuto contingente, sempre meno necessario, sempre meno razionale, la razionalità divenuta irrazionalità che si sorpassa nel momento storico che non può più esprimere, oggetto di storia come storiografia dell’umanità, non soggetto di civiltà”[35]; “campeggia nella storia e domina il mondo una volta liberatosi il contenuto, la negazione, che assolve la funzione di superare, negando, quanto prima vigeva e che non costituisce più storia attuale”.[36] La negazione “non ha tuttavia in sé il principio di affermazione; come tale essa si limita a relegare, nel passato dell’umanità, quanto non più soggetto di vita sarà oggetto di studio”.[37]


La reazione dialettica positiva “porta con sé il principio di affermazione, la costruzione del mondo secondo le leggi del pensiero reazionario e si traduce nell’impegno della reazione nel mondo”.[38]


Alla luce di questi risultati, Antonio Cammarana si chiede: Quali sono le prospettive del pensiero reazionario?

Il sistema dell’economia liberale si serviva delle masse lavoratrici per l’accumulazione d’ingenti somme di capitale concentrato nelle mani di una “élite economica”, che sfruttava le masse e la loro forza lavoro, per i suoi interessi privati.


Il nuovo sistema dell’economia marxista, speculando sulla condizione servile in cui era tenuto (e viene tutt’ora tenuto in certe Nazioni) l’uomo, vuole servirsi della spontanea insofferenza dell’uomo, in particolare del lavoratore manuale, sfruttato dal sistema dell’economia liberale, per sostituirvi un altro sistema, il sistema comunista, nuovo mezzo di oppressione delle masse, con grave danno delle forze operaie e intellettuali.

La nuova teoria della cultura, dell’economia e dello Stato vuole eliminare gli opposti estremismi costituiti dall’individualismo (economia liberale) e del collettivismo (economia comunista) e rivolge un discorso che muove dalla critica di fondo di tali concezioni della vita e sbocca nel discorso rivolto non solo al borghese o al proletario, ma al lavoratore, rappresentante di una determinata categoria del lavoro e della produzione”.[39] In tal modo “si potrà pervenire ad un umanesimo cristiano socialmente orientato e integralmente realizzato, più rivoluzionario che conservatore e proteso nella realtà spirituale politica e sociale in continua trasformazione”.[40]


Secondo Antonio Cammarana, “questo nuovo umanesimo muoverà dall’umanesimo del lavoro di Giovanni Gentile e cercherà di tradurre nella realtà le sue istanze più critiche, avanzate e rivoluzionarie; rimediterà l’esperienza teoretica di uno dei più grandi filosofi del pensiero contemporaneo, lungo la via gentiliana della vita e del lavoro: Ugo Spirito, assertore della corporazione proprietaria; ripercorrerà il fermento di studi che, nella via del postcomunismo, si sta caratterizzando come neocorporativismo”.[41]


Arrivati a questa conclusione, Antonio Cammarana afferma che il compito storico della filosofia e il compito immediato della filosofia della reazione dialettica sono:

  • “il compito storico della filosofia, che non può non essere socialmente orientato, dovrà essere quello di coagulare le varie dottrine, onde convergere alla fondazione di un umanesimo sociale integrale”[42];
  • “il compito immediato della filosofia della reazione dialettica sarà l’indicazione della logica e del metodo attraverso cui si scende nella realtà per trasformarla idealmente nel pensiero e concretamente nella realtà per mezzo di uno scontro interiore nel pensiero e di uno scontro frontale nella realtà, condizione imprescindibile che consente di attuare le istanze rivoluzionarie della filosofia gentiliana”.[43]

Note

  1. ^ Antonio Cammarana, Teorica della reazione dialettica-Filosofia del postcomunismo, Edizioni Gruppo Parlamentare M.S.I.- Destra Nazionale, Senato della Repubblica, Roma, 1976, pp.10-11.
  2. ^ Antonio Cammarana, Op.cit., pp. 15-16
  3. ^ Idem, pag. 16
  4. ^ Antonio Cammarana, Op.cit., pag.17.
  5. ^ Idem, pag. 17.
  6. ^ Idem, pag. 17
  7. ^ Idem, pag. 17
  8. ^ Idem, pag. 17
  9. ^ Idem, pag. 17.
  10. ^ Antonio Cammarana, Op.cit., pag. 18
  11. ^ Idem, pag. 18
  12. ^ Idem, pag. 18
  13. ^ Idem, pag.18.
  14. ^ Antonio Cammarana, Op. cit., pag. 18
  15. ^ Idem, pag. 19
  16. ^ Idem, pag. 19
  17. ^ Antonio Cammarana, Op. cit., pag. 20
  18. ^ Idem, pp. 20-21
  19. ^ Idem pag. 22
  20. ^ Antonio Cammarana, Proposizioni sulla filosofia di Giovanni Gentile, Edizioni Gruppo Parlamentare M.S.I. – Destra Nazionale, Senato della Repubblica, Roma, pp. 80-81.
  21. ^ Antonio Cammarana, Op. cit., pag. 83
  22. ^ Antonio Cammarana, Op. cit., pp.8 5-86.
  23. ^ Idem, p.86
  24. ^ Idem, pp. 86-87
  25. ^ Antimo Negri, Attualismo e Marxismo, in G. Gentile, La vita e il pensiero, Firenze, Sansoni, 1961, Vol. IX, pag. 271
  26. ^ Ibidem
  27. ^ Idem, pag 270
  28. ^ Antonio Cammarana, Teorica della reazione dialettica- Filosofia del postcomunismo, Edizioni Gruppo Parlamentare M.S.I.- Destra Nazionale , Senato della Repubblica, Roma, pag. 42.
  29. ^ Idem, pag. 43
  30. ^ Ibidem
  31. ^ Antonio Cammarana, Op. cit., pag. 72
  32. ^ Idem, pag. 72
  33. ^ Idem, pag. 74
  34. ^ Idem, pag. 61
  35. ^ Idem, pag. 62
  36. ^ Idem, pag. 62
  37. ^ Idem, pag. 62
  38. ^ Idem, pag. 63
  39. ^ Antonio Cammarana, Op. cit. pp. 95-96
  40. ^ Idem, pag. 97
  41. ^ Idem, pag. 97-98
  42. ^ Idem, pag. 98
  43. ^ Idem, pag. 98

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